Onorevoli Colleghi! - L'esigenza di una legge che disciplini in via generale l'attività musicale deriva da una molteplicità di circostanze e, in primo luogo, dalla consapevolezza della insufficienza della legge 14 agosto 1967, n. 800.
            A differenza di altri settori delle attività culturali (ad esempio il teatro), l'attività musicale è disciplinata da una propria legge. Si tratta, tuttavia, di una legge che non affronta e disciplina il complesso del fenomeno musicale, ma esclusivamente l'attività lirica e concertistica; si tratta, inoltre, di una legge che, tendenzialmente, disciplina la struttura delle istituzioni e dei soggetti musicali, più che disciplinare l'attività musicale in sé. Anche per l'attività musicale, quindi, può, almeno in parte, parlarsi di assenza di disciplina legislativa: infatti, tutto il mondo della musica popolare, della musica jazz e degli altri generi musicali risulta del tutto ignorato, ad oggi, dal legislatore. È da tale consapevolezza, quindi, che deve necessariamente partire una riflessione sulle esigenze alle quali una nuova disciplina delle attività musicali deve fare fronte. Tali esigenze sono in particolare:

          a) la necessità non più rinviabile di offrire riconoscimento legislativo a tutto il mondo dell'espressione musicale, senza distinzione di generi e di qualificazioni, nella consapevolezza dell'importanza culturale del fenomeno nella sua unitarietà;

          b) la disciplina di una politica comune delle istituzioni pubbliche in favore delle attività musicali, che coinvolga, in una logica di aggregazione e di programmazione comune, lo Stato, le regioni e gli enti locali;

          c) il completamento della riforma dei soggetti che svolgono attività musicali, già

 

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disciplinati dalla legge n. 800 del 1967, in tale modo concludendo il disegno di riforma avviato con il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, relativo alla trasformazione in fondazioni di diritto privato degli enti lirici. Si tratta, in altre parole, di considerare, razionalizzare e potenziare l'azione dei soggetti di cui al titolo III della legge n. 800 del 1967 (teatri di tradizione, istituzioni concertistiche eccetera);

          d) la ricerca di nuove forme di costante diffusione delle esperienze musicali sul territorio, anche perseguendo un obiettivo di riequilibrio dell'offerta musicale;

          e) la valorizzazione della formazione post-scolastica dei giovani musicisti e cantanti;

          f) l'incentivazione di una diffusione evoluta e culturalmente valida della musica popolare contemporanea, garantendo spazi di ascolto adeguati e socialmente significativi;

          g) la ricerca di forme di promozione sia dell'attività musicale nel suo complesso, con particolare riguardo alla diffusione della sua conoscenza all'estero, sia del «fare musica» da parte dei giovani autori, compositori ed esecutori.

      La proposta di legge assume, per la definizione degli interventi pubblici, il metodo della programmazione, assegnando un ruolo centrale a quella regionale e all'iniziativa dei comuni e delle province, e fissando in maniera corrispondente i rispettivi compiti dello Stato e degli enti locali.
      Allo Stato, quindi, sono attribuite funzioni di predisposizione di indirizzi generali, che favoriscano la produzione e la diffusione della musica, con particolare riguardo alle aree della scuola, delle università, dei giovani; di promozione unitaria della musica nazionale all'estero, al fine della diffusione della presenza culturale nazionale in altri Paesi; di definizione di criteri unitari volti alla formazione del personale artistico e tecnico della musica; di elaborazione di forme di promozione della produzione musicale nazionale.
      Alle regioni spettano la distribuzione della produzione musicale sul territorio, la promozione della tradizione musicale locale e l'elaborazione di un piano di programmazione regionale per le attività musicali.
      Alle province e ai comuni, questi ultimi proprietari della gran parte degli immobili teatrali, da utilizzare anche nel campo delle attività musicali, spetta di incentivare la presenza musicale sul proprio territorio, sia mediante forme di coordinamento della presenza dei soggetti musicali, sia mediante partecipazione al fenomeno della stabilità. Inoltre, essi assumono un ruolo determinante nel nuovo sistema delle residenze multidisciplinari, descritto nel corso della presente relazione.
      Se la logica degli interventi pubblici si dirige verso un chiaro pluralismo, occorre definire un luogo unitario ove possano salvaguardarsi l'unità dell'intervento, il perseguimento di una ovvia logica di coordinamento e l'attuazione, in un ambito di programmazione, di un riequilibrio della presenza e dell'offerta musicali sul territorio nazionale. Si prevede, perciò, la nascita di un soggetto - il Centro nazionale per la musica - con natura giuridica di società per azioni a totale capitale pubblico, che risponda a tali esigenze e si faccia carico di un coordinamento attuativo delle politiche pubbliche per la musica; si è, a tale fine, tenuta presente l'esperienza positiva della «società per l'imprenditorialità giovanile», anch'essa società per azioni a totale capitale pubblico. Il consiglio di amministrazione è composto da sette membri, due designati dallo Stato, due dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, due dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il responsabile dell'ufficio competente per le attività musicali del Ministero dei beni e delle attività culturali ne è componente di diritto.
      In particolare, il Centro ha il compito di programmare l'intervento pubblico per la musica mediante allocazione delle risorse pubbliche, sulla base di una programmazione triennale che tenga conto di

 

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una finalità di riequilibrio della presenza e dell'offerta musicale sul territorio, definito sulla base dei pareri resi da una commissione di esperti, nonché di coordinare il meccanismo delle «residenze multidisciplinari».
      Nella definizione della distribuzione di risorse pubbliche in favore dei soggetti disciplinati dalla legge n. 800 del 1967, si sono seguiti due fondamentali princìpi, del tutto innovativi in materia: la valutazione di un idoneo progetto culturale e la programmazione di tutti gli interventi su base triennale.
      Si intende, in tale modo, superare la logica dell'intervento «a pioggia», non rispondente ad alcuna necessità culturale, né a ragioni di politica per la musica; migliorare la definizione del progetto culturale, che potrà così avere un respiro e un significato più ampi; dare tranquillità e possibilità di programmazione ai soggetti della musica; facilitare la verifica dei risultati conseguiti, il tutto con auspicabili risparmi per la spesa pubblica, in quanto la logica dell'annualità ha comportato il ritardo nelle erogazioni, il ricorso del sistema musicale al credito ordinario, e, successivamente, ancora l'intervento pubblico sugli interessi derivanti dai mutui contratti. Tali princìpi varranno per tutti i soggetti della musica, già disciplinati dalla legge n. 800 del 1967.
      Anche se gli enti lirici e le istituzioni assimilate hanno già ricevuto la propria disciplina con il citato decreto legislativo n. 367 del 1996, si intende sottolineare il ruolo di tali enti nel campo della formazione post-scolastica, recuperando una funzione che essi attualmente, salvo poche eccezioni, non assolvono, incentivando la diffusione della loro produzione nell'ambito regionale.
      Come è noto, il titolo III della legge n. 800 del 1967, disciplina, raggruppandole, una serie di realtà affatto diverse: teatri di tradizione, orchestre, società di concerti, festival, eccetera; per questi soggetti, la proposta di legge intende superare la logica del «riconoscimento di prioritario interesse nazionale», già fatta propria dalla legge 30 maggio 1995, n. 203, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 97, e, in parte, dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 367 del 1996. La ricomposizione unitaria dell'intervento pubblico per le attività musicali, realizzata attraverso il Centro nazionale per la musica, esclude una logica di distinzione tra soggetti nella consapevolezza della necessità di una visione e di una politica unitarie di ausilio alle attività musicali. In altre parole, si intende superare una logica di «ricognizione di confini», del tutto incongrua nel campo della cultura, al fine di conseguire, invece, un approccio unitario al fenomeno che, nella allocazione delle risorse, valorizzi i progetti culturali su base triennale: la concreta attività, quindi, e non una particolare «qualifica» del soggetto.
      La proposta di legge, di conseguenza, sostituisce il riconoscimento ex lege di particolari soggetti, per rendere centrale la valutazione oggettiva del «progetto culturale», con la previa fissazione di criteri generali di identificazione. Naturalmente, verrà tenuto conto della tradizione storica e culturale dei soggetti esistenti, della esigenza di continuità del soggetto (con particolare riguardo alle orchestre), rappresentata dalla persistenza di un nucleo stabile, del potenziamento del ruolo dei «teatri di tradizione», che possono anche diventare luoghi aperti a una pluralità di esperienze culturali (opera, musica, danza, prosa). Si prevede, inoltre, la ridefinizione «ampliata» del ruolo delle residenze multidisciplinari coniugando l'attività nel campo teatrale con l'ospitalità costante di orchestre e di altri soggetti operanti nel campo della musica, a tale fine utilizzando anche l'esperienza delle associazioni concertistiche. Occorre, cioè, individuare quei casi in cui attribuire la definizione di «residenze multidisciplinari», nelle quali concorrano più soggetti ed espressioni artistiche diversi.
      È rispondente a un evidente interesse pubblico il ripensamento della formazione musicale, volta a una migliore preparazione di una nuova generazione di musicisti, cantanti, registi d'opera, scenografi, tecnici nonché «amministratori» di teatri
 

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e altri soggetti musicali. Non è compito della proposta di legge affrontare il problema della riforma dei conservatori. Tuttavia, la proposta di legge indica la necessità e il conseguente sviluppo di un sistema di formazione, che, per un verso, riconosca il ruolo già svolto nel campo da istituzioni benemerite; per altro verso, coinvolga nel processo di integrazione formativa post-scolastica gli enti lirici, i teatri di tradizione e, più in generale, tutti i soggetti appartenenti al sistema della stabilità musicale.
      Si ottengono, in tale modo, sia l'apertura del sistema di istruzione musicale, pure con l'attenzione dovuta a un rapporto necessario tra istruzione e sbocchi professionali, sia il recupero di un sistema di istruzione che, con la sua ordinata diffusione nel territorio, tende a venire incontro a un'esigenza oggi spesso intercettata da fenomeni occasionali e culturalmente poco garantiti.
      Del tutto peculiari si presentano i problemi relativi alla cosiddetta «altra musica» sia con riferimento alla produzione, sia con riferimento alla sua diffusione e fruizione da parte di un pubblico per lo più giovanile. Si tratta di un fenomeno che ha una presenza sul mercato e meccanismi propri, che tendono a sottolineare una specificità non omologabile, in virtù della quale occorre misurare con accortezza anche la «invadenza» dell'intervento.
      La proposta di legge, si è detto, sceglie di trattare in modo unitario l'attività musicale, offrendo, per la prima volta nel nostro Paese, un «riconoscimento giuridico» a tutti i generi di musica, dando dignità legislativa a settori sinora ignorati, anche per porre le basi per una politica di promozione e di tutela. Si prevede lo sviluppo di una politica dei luoghi per l'ascolto della musica popolare, con la consapevolezza dell'esigenza di una diversa parametrazione degli spazi, e dunque con l'adozione di una politica edilizia «integrata», che metta in condizione gli enti locali di dotarsi di spazi polifunzionali, che abbiano cioè una propria versatilità sia con riferimento ad attività sportive che ad attività dello spettacolo. In questo ambito, centrale sarà l'attività di finanziamento dell'Istituto per il credito sportivo.
      Il Centro nazionale per la musica gestirà un Fondo per la promozione della musica popolare contemporanea, di nuova istituzione, con il quale si attuerà un sistema di mutui a tasso agevolato, sia per favorire, presso gli enti locali, attività di educazione alla cultura musicale e di guida alla produzione musicale, sia per promuovere la diffusione della musica italiana all'estero. Inoltre, nell'ambito di tale Fondo, saranno previste particolari incentivazioni per i giovani artisti operanti in tutti i generi della musica popolare contemporanea, ai quali assicurare, sulla base di meccanismi di selezione, forme di incentivazione all'attività e alla ricerca.
      La proposta di legge, infine, venendo incontro a una forte richiesta degli operatori del settore, intende riconoscere, mediante l'istituzione di un apposito albo, le professionalità di una pluralità di soggetti che operano nell'ambito dei fenomeni musicali (agenti, organizzatori di concerti eccetera).
 

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